Geolocalizzazione

Pietracupa (CB)

Percorso

Il corteo muove da Piazza Nicola Portone e attraversa tutto il paese per poi concludersi in Piazzale Casaleno.

Descrizione

Il Processo al Carnevale di Pietracupa è una manifestazione che ha luogo l’ultimo giorno di Carnevale, e consiste in una farsa in cui si rappresenta il processo che condanna a morte il Carnevale, segnando l’ingresso della Quaresima.

All’inizio della settimana precedente un fantoccio raffigurante il Carnevale viene appeso alla torre campanaria del paese: si tratta di una figura ad altezza d’uomo, riempita di paglia e vestita con abiti maschili, col volto raffigurato da una maschera o, in alcune edizioni, disegnato su una busta di plastica. Nel pomeriggio del giorno fissato per la manifestazione, un gruppo di diavoli raggiunge la torre campanaria e preleva il fantoccio, conducendolo al processo; dalla piazza superiore del paese (Piazza Nicola Portone) prende dunque vita un corteo, che attraversa tutto il paese fino a raggiungere Piazzale Casalena, posta nella parte inferiore del paese.

Il corteo farsesco richiama nella struttura una processione religiosa; è aperto dai giudici, seguiti immediatamente da un sacerdote, in abito talare (ma al posto dell’aspersorio tiene tra le mani una piccola scopa di saggina o altri arnesi simili), con un leggero trucco sul viso, che esegue litanie e giaculatorie, con tono solenne, alternando a frammenti di latino maccheronico espressioni ironiche e marcatamente ambigue nei confronti del Carnevale e dei suoi familiari.

Il sacerdote è accompagnato da giovani e giovanissimi ministranti, vestiti di viola o di rosso; anche i ministranti hanno il volto truccato, con baffi e sopracciglia ben marcati.

Lo seguono i genitori di Carnevale, vestiti da contadini, vecchi e gobbi, che piangono rumorosamente, e con loro la sorella e/o l’amante di Carnevale, solitamente impersonate da un uomo vestito da donna, con abiti molto succinti e attributi femminili ben evidenziati.

Subito dopo, trascinato a braccetto da due diavoli, arriva il Carnevale, immediatamente seguito dalla Morte: una figura silenziosa che tiene tra le mani una grande falce messoria, con un lenzuolo bianco che le copre il capo e tutto il corpo.

I diavoli hanno il volto annerito, sono vestiti di scuro (con maglione e calzamaglia nera a coprire gli altri abiti), coperti da un sacco di iuta, e hanno con sé un forcone di legno. Il sacco viene aperto lateralmente e infilato sulla testa come un cappuccio, per poi scendere lungo il corpo fino a coprire le spalle e i fianchi; è stretto alla vita da una cinta su cui sono fissati alcuni campanacci bovini di varia grandezza. I diavoli, camminando, muovono il corpo in modo da far risuonare i campanacci, e spesso saltano, per creare un effetto sonoro più marcato, battendo a terra il forcone.

Il gruppo dei figuranti è seguito da donne e uomini in abiti contadini, e dalla comunità; tutti i partecipanti rispondono in coro alle litanie.

Il corteo raggiunge il piazzale in cui si svolgerà il processo: qui è stato collocato un tavolo, dietro al quale si disporranno i giudici; ad attendere il corteo, un nutrito gruppo di diavoli e il pubblico.

All’arrivo del corteo i diavoli, correndo, gettano il fantoccio a terra, con gran frastuono di campanacci; tutti i diavoli si ricongiungono, esultano e fanno un gran baccano mentre danzano in cerchio attorno al fantoccio, agitando i forconi e facendo risuonare i campanacci (alcuni diavoli fanno risuonare anche le raganelle). Nel frattempo, prima che il processo inizi, i familiari tentano di liberare il Carnevale dalla presa dei diavoli, ma l’intervento di un carabiniere riporta la situazione sotto controllo.

Viene dunque messo in scena un regolare processo, condotto su un registro espressivo che spazia dal gergo processuale alla satira nei confronti della burocrazia e delle istituzioni giuridiche. I diavoli si dispongono dietro al giudice e all’avvocato, in fila ordinata. Il giudice elenca le colpe del Carnevale (“nullafacente, amante del gioco e della burla, dedito esclusivamente alla bella vita, debosciato”), e pronuncia la sentenza che “condanna l’imputato Carnevale di Pietracupa alla pena capitale mediante lancio dalla rupe”. Alla lettura della sentenza i diavoli esultano, saltando, mentre il sacerdote commenta con nuove giaculatorie, e il pubblico risponde in coro.

Carnevale viene afferrato da due diavoli e condotto nella parte alta del paese, dove verrà appeso a un cavo di acciaio da cui sarà “lanciato” verso il piazzale; nel frattempo, sul piazzale gli altri diavoli preparano un falò, tra le proteste e la disperazione dei familiari di Carnevale.

Il sacerdote esegue alcune orazioni, interpretandole in chiave satirica, e grida “Carnevale, Carnevale, è giunta la tua ora”.

Tra le grida dei diavoli, dopo alcuni tentativi di “lancio” andati a vuoto, il fantoccio viene lasciato andare sul cavo di acciaio e arriva nel piazzale, dove viene prima infilzato dai diavoli, poi restituito per poco ai familiari che lo piangono, infine – dopo che gli è stata tolta la maschera – gettato nel fuoco. La figura vestita di bianco, con la falce messoria, gira lentamente attorno al fuoco mimando l’azione della falciatura, poi si allontana in mezzo ai diavoli. I familiari si avvicinano al fuoco e gridano la loro disperazione.

Mentre i diavoli continuano a saltare in cerchio intorno al fuoco, nel piazzale inizia la festa.

Notizie aggiuntive

Il Carnevale è un rito calendariale ampiamente diffuso e storicamente documentato presso le società contadine nell’intero territorio europeo, dove si manifesta in molteplici forme; nelle aree dell’Europa meridionale, la documentazione demoetnoantropologica sul Carnevale ha registrato nel corso dei secoli XIX e XX l’unione di due principali modelli espressivi: quello del Carnevale folklorico europeo, più antico, ampiamente caratterizzato dalla tipologia delle mascherate rituali d’inverno, e quello della sfilata di carri allegorici, più moderno, che caratterizza in genere l’immaginario contemporaneo relativo al Carnevale. In entrambi i casi, il paradigma carnevalesco è pervaso da “una retorica fondata sul riso, sull’esibizione caricaturale, sulla satira e sullo scherzo” (Kezich 2015, p. 27). Nel territorio molisano sono presenti entrambe le forme rituali, con una certa vitalità del modello più arcaico, che pure in alcuni territori convive con il modello della sfilata di carri allegorici; gli elementi del riso, dell’esibizione caricaturale, della satira e dello scherzo sono fortemente presenti e caratterizzano entrambi i modelli.

In generale queste manifestazioni, articolate in base alla presenza di ruoli fissi quanto alle parti principali, nei ruoli secondari lasciano ampio spazio all’improvvisazione e alla partecipazione creativa di una comunità di utenti che appare variegata per età e genere…

Cronologia

Il Processo al Carnevale è attestato nella memoria orale del paese come cerimoniale caratteristico del giorno di Carnevale (Martedì Grasso); interrotto alla metà degli anni Settanta, è stato poi nuovamente riportato in funzione all’inizio degli anni Novanta.

Il Processo al Carnevale si svolge il sabato (o la domenica) che precede o che segue il Martedì Grasso; nel primo Novecento si svolgeva il giorno di Martedì Grasso. La periodicità è variabile: principalmente a causa dello spopolamento del paese, ma spesso anche per condizioni meteorologiche, la manifestazione non viene organizzata tutti gli anni. Nel 2020 e nel 2021 non si è svolta a causa dell’emergenza pandemica.

Ulteriori informazioni

La comunità del Carnevale è formata dai gruppi che mettono in scena le farse, il processo e la morte del Carnevale, e da coloro che portano in strada le maschere tipiche, come pure da coloro che in ogni forma e con ogni maschera prendono parte all’evento festivo.
La comunità patrimoniale è dunque composta dall’insieme di coloro che organizzano e di coloro che praticano il Carnevale, garantendone vitalità e trasmissione intergenerazionale: essa non può essere ridotta agli organizzatori né ai fruitori, ma è composta dalla loro interazione.

Le conoscenze, competenze e abilità relative alle forme rituali vengono trasmesse a livello intergenerazionale senza soluzione di continuità: le giovani generazioni prendono parte al rituale e in questo modo apprendono, sia per trasmissione familiare sia nel contesto educativo e comunitario, le sue forme.
Si incoraggiano molto i bambini a partecipare ai festeggiamenti (anche attraverso l’inserimento delle figure dei “diavoletti”), per realizzare una trasmissione generazionale che permetta di conservare la memoria della festa e garantirne il rinnovamento annuale.

Un punto di riferimento per le pratiche del Processo al Carnevale è certamente da individuare nell’azione di salvaguardia e valorizzazione condotta da Gino Vanga, che da decenni ha avviato un lavoro di recupero della memoria del Carnevale di Pietracupa, raccogliendo oggetti e materiale fotografico e audiovisivo.
Una prima analisi del rituale fa dunque emergere la necessità di un’azione istituzionale di sensibilizzazione, che possa promuovere anche una modalità informale di trasmissione dell’elemento e che dunque affianchi e sostenga le azioni intraprese dalla comunità di pratica.

Il Comune di Pietracupa oggi conta poco più di duecento residenti, divisi tra il centro abitato e le campagne circostanti, a fronte di una popolazione che all’inizio degli anni Cinquanta superava il migliaio di residenti. Gli organizzatori del Processo al Carnevale non riescono dunque a garantire al cerimoniale una periodicità costante, annuale, nonostante la ripresa del cerimoniale negli anni Novanta dimostri quanto il rituale sia radicato nella vita della comunità, che riconosce nel Carnevale un forte elemento di coesione sociale e di memoria condivisa.
L’interruzione del periodo pandemico ha compromesso ulteriormente la vitalità del cerimoniale.

Soggetti coinvolti

Comunità locale
Il recupero del Processo al Carnevale è stato condotto all’inizio degli anni Novanta da un gruppo di cittadini, inizialmente riuniti in un circolo culturale informale, su iniziativa di Gino Vanga (abitante di Pietracupa legato per memoria familiare all’organizzazione del rituale carnevalesco). Ancora oggi è organizzato dai giovani del paese grazie all’interesse di Gino Vanga, che ne mantiene la memoria e conserva alcuni oggetti caratteristici del cerimoniale, tra cui i campanacci dei diavoli
Amministrazione comunale
L’amministrazione comunale sostiene la pratica rituale e i suoi organizzatori

Elementi strutturali

  • Corteo

  • Processo
  • Lancio dalla rupe

  • Falò

  • Festa

Tag

Ambiti UNESCO

  • Arti e Spettacolo

  • Riti e Pratiche Sociali

Categoria del bene

  • Festa-Cerimonia

  • Rappresentazione-Spettacolo

Photo Gallery

Video Gallery

Kezich G., Carnevale re d’Europa. Viaggio antropologico nelle mascherate d’inverno, Scarmagno (TO), Priuli & Verlucca, 2015
Rossi A. – De Simone R, Carnevale si chiamava Vincenzo. Rituali di carnevale in Campania, Roma, De Luca, 1977

Omerita Ranalli con la partecipazione di Gino Vanga